Totem e Tabù: Il ritorno del totemismo nei bambini

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Appunto per la ricostruzione di una storia edipica della civiltà,

della moralità e della società umana secondo S. Freud.

Buonasera a tutti e grazie per avermi dato la possibilità di discutere con voi di questo argomento direi capitale per una comprensione più profonda del complesso edipico e del rapporto di questo con la costituzione dell’individuo e della società secondo Freud, che come vedremo, verrà citato spessissimo in questo lavoro. 

Per parlare dunque adeguatamente del quarto e piu’ voluminoso saggio di Totem e Tabu’ (terminato nel 1913 e tradotto in italiano per la prima volta nel 1930 da Edoardo Weiss per i tipi della Laterza), che rappresenta il tentativo piu’ riuscito e completo del Maestro di ricostruire la storia della nascita della moralità e del costume umano e dei loro rapporti con il complesso di Edipo a partire dall’antropologia scientifica dei suoi tempi, iniziero’ da un altro saggio di Freud stesso, scritto nel 1921 e cioè da “Psicologia delle masse e analisi dell’Io”, oggetto peraltro di futuro approfondimento e che quindi stasera sfiorero’ solo tangenzialmente; in questo saggio egli ricostruisce la storia del suo precedente lavoro (ovvero di Totem e Tabu’) riprendendo per sommi capi l’idea che ne era alla base, ampliandola e ritentando una spiegazione ulteriore, alla luce peraltro dell’appena trascorso conflitto mondiale, evento che segno’ profondamente Freud e che in qualche modo rafforzo’ la sua ipotesi iniziale di psicologia della massa come di una psiche sottoposta al dileguarsi di una psiche singola cosciente nel marasma delle tendenze all’attuazione dei propositi piu’ basilari della vita umana, sostanzialmente regressiva e, citando direttamente il Maestro “primitiva ed in tutto analoga a quella che siamo propensi ad attribuire all’orda primordiale”. Ed inoltre: “Le masse tornano a presentarci il ben noto quadro del singolo fortissimo in una schiera di uguali”. E da qui la definizione di due tipi di psicologia, una degli individui appartenenti alla massa, ed una al capo dell’orda, a quella del padre, dunque della guida, isolato, autonomo e “scarsamente legato libidicamente” come lo definisce Freud stesso: “...che non amasse alcuno all’infuori di sè medesimo e che amasse gli altri in quanto servivano ai suoi bisogni”; contrapposizione che si fa piu’ evidente in quanto “gli individui appartenenti alla massa hanno bisogno tuttora del capo, mentre lui, il capo, non ha bisogno di amare alcuno, puo’ avere la natura del padrone ed essere assolutamente narcisistico, eppure sicuro di sé ed autosufficiente”. Continuando la tematica che era già stata ampiamente discussa in Totem e Tabu’, la società primordiale (quella dell’orda primigenia) è de facto la rappresentazione della moderna famiglia, passando attraverso una serie di vicissitudini tra le quali spicca l’epoca totemistica: questa epoca sarà quella che seguirà immediatamente al rifiuto da parte dei figli dell’accettazione passiva di una inibizione della meta pulsionale e quindi della destituzione del padre e della sostituzione del medesimo con i figli, dal cui padre essi si sentivano perseguitati ed inibiti. 

Riprenderemo più avanti il discorso sulla destituzione del padre. Il tema principale rimane il tentativo di spiegare come lo studio della psicologia dell’individuo sia senz’altro applicabile allo studio della psiche cosiddetta collettiva e come il complesso di Edipo sia il nucleo di tutte le nevrosi: lo schema del ragionamento freudiano applicato alla massa prenderà spunto dallo studio di quelle stesse istanze dell’apparato psichico che caratterizzano la psiche ed il pensiero dunque del singolo. Freud arriverà nel 1921 a definire il suo precedente lavoro del 1912 una semplice ipotesi di lavoro come tante altre ne sarebbero potute nascere, nella quale avrebbe tentato di dare una spiegazione coerente al fenomeno “della religione, della moralità e dell’articolazione sociale” in virtu’ della ripresa e rielaborazione in chiave psicanalitica della teoria darwiniana dell’ordinamento sociale basata sulla legge imposta all’orda da parte del maschio dominante. 

Ma torniamo a Totem e Tabu’, al quarto saggio di cui ci occuperemo più specificamente stasera ed in particolar modo alla lettura freudiana delle teorie di Darwin e di Robertson Smith e che riassume nel saggio di cui ci stiamo occupando ovvero del “ritorno del totemismo nei bambini”. 

Non tornero’ sulle precedenti questioni di cui Freud si è occupato nei primi tre saggi dell’opera, già ampiamente ed approfonditamente esposti e discussi dai cari Matteo e Fabio nelle precedenti settimane; non si puo’ ad ogni modo evitare di ribadire ulteriormente il debito che lo stesso Freud afferma di avere nei confronti di una delle maggiori opere della letteratura antropologica mondiale, quel “Totemismo ed esogamia” di Frazer (1910), dalla cui lettura, il nostro, parte proprio per la discussione psicanalitica che seguirà sulla formazione dei costumi e della religione delle società umane ed in particolare sulla strutturazione dell’intero rapporto sociale sul complesso di Edipo. Interessantissimo il discorso che dal testo citato Freud ricava e che riassume nelle prime pagine di questo quarto saggio. A tal proposito vale la pena citare lo stesso Freud quando riassume la definizione di totem e soprattutto della serie di atteggiamenti che l’uomo assume nei suoi confronti, arrivando pertanto all’identificazione dei singoli individui con il totem stesso, anticipazione di cio’ che poi porterà alla descrizione del comportamento dei figli nei confronti del capo-orda, nell’atteggiamento ambivalente caratterizzato dalla necessità di identificazione con il capo-orda allo scopo di ottenere una evidente eliminazione dell’inibizione della meta sessuale: “il totem del clan è oggetto di venerazione da parte di una stirpe di uomini e di donne che prendono il nome del totem, si considerano consanguinei, discendenti da un comune capostipite, e sono legati da comuni doveri reciproci e della comune credenza nel totem. Il totemismo, pertanto, è un sistema sia religioso che sociale. Il suo aspetto religioso consiste nelle relazioni di vicendevole rispetto e protezione fra uomo e totem; l’aspetto sociale, nei doveri tra membri di uno stesso clan e nei confronti di altri clan”; e ancora: “...Frazer premette che i membri di un clan prendono il nome dei loro totem e di solito credono anche di discendere dal totem. La conseguenza di questa credenza è che essi non cacciano l’animale totemico, non lo uccidono e non lo mangiano, e si vietano ogni altro uso del totem se questo è cosa diversa da un animale…Il clan si attendeva protezione e riguardi dal suo totem…In diverse circostanze significative il membro del clan cerca di sottolineare la sua parentela col totem rendendosi esteriormente simile a lui, celandosi nella pelle dell’animale totemico, tatuandosi l’immagine ecc…Infine vi sono cerimonie nel corso delle quali l’animale totemico viene ucciso secondo un rito solenne”. 

Come si puo’ facilmente evincere da questi stralci direttamente presi dal discorso freudiano, vengono in nuce già annunciati tutti i futuri sviluppi del saggio stesso: quelli in particolare che riguardano la teoria darwiniana dell’orda primordiale, nonchè l’anticipazione dell’ordalia sacrificale del totem stesso a scopo sia identificativo che di eliminazione dell’ostacolo alla scarica sessuale inibita. Lo stesso Frazer, citato piu’ volte da Freud assieme a Wundt, riteneva che le leggi fondamentali del totemismo fossero sorrette da principi che potevano essere bipartiti in religiosi e sociali: dal punto di vista religioso si faceva soprattutto pesare il tentativo di identificazione della tribu’ e dei singoli al totem di loro pertinenza, sotto forma di patto di protezione e unione mistica; come punto di vista sociale si doveva tener piuttosto presente l’aspetto delle relazioni reciproche fra gli appartenenti allo stesso clan totemico, nella fattispecie considerati appartenenti alla stessa famiglia. Ne derivavano i due comandamenti principali della società totemistica: il tabu’ dell’uccisione del totem se non in 

particolari feste o ricorrenze, ed il tabu’ dell’accoppiamento tra membri dello stesso clan totemico (che essendo considerati membri consanguinei in quanto identificati nel totem, avrebbero configuarato un rapporto incestuoso), ovverosia nell’esogamia obbligata. 

Freud riporta riassumendo le varie teorie antropologiche che tentavano di dare una spiegazione all’origine del totemismo. Tralascero’ queste digressioni non rivestendo una rilevanza immediata per l’argomento che sto cercando di trattare. Non potro’ fare a meno invece di citare la questione esogamica e soprattutto la vera natura dell’orrore umano verso l’incesto, vero aspetto propulsivo di tutto il saggio, contenuto soprattutto nella citazione che Freud fa di Frazer a proposito di quest’ultimo ovvero che non avrebbe alcun senso logico vietare cio’ che per natura non è possibile neanche pensare. Ed ecco che viene alla luce l’idea che di fatto l’esogamia altro non rappresenti che un tentativo sociale portato all’estremo per evitare l’incesto, che dal profilo giuridico, essendone necessaria l’inibizione a mezzo di legge, è socialmente possibile ma non desiderabile, financo orribile: “...i primi impulsi sessuali dell’individuo sono invariabilmente di natura incestuosa, e questi impulsi quando vengono rimossi, svolgono la funzione…di forze propulsive delle successive nevrosi”. Secondo Darwin le comunità originarie dell’uomo erano organizzate in “orde”, ovvero in piccoli raggruppamenti sociali, nomadi, nei cui aspetti generali non si differenziavano granchè dalle organizzazioni comunitarie delle scimmie superiori. A capo dell’orda vi era un individuo maschio, l’unico ad avere accesso alle femmine (e quindi l’unico la cui meta sessuale non fosse inibita), e che le difendesse dalla pulsione erotica di tutti gli altri individui maschi. Ad ogni cacciata dei maschi deboli sarebbe seguita una nuova fondazione di un’ulteriore orda o clan, caratterizzata dalle stesse regole sociali: un maschio dominante e pronto all’accoppiamento, evidentemente inibito a tutti gli altri, che sarebbero stati in seguito cacciati e che si sarebbero trovati costretti all’esilio, alla ricerca di nuove femmine ed alla successiva ulteriore fondazione di un altro raggruppamento sociale della stessa tipologia. Da cio’ sarebbe derivata l’esogamia come descritta da Frazer. 

Ed ecco dunque Freud ad intervenire su tutta la massa di informazioni anche contraddittorie raccolte dagli antropologi dell’epoca. Attraverso la disamina dei propri casi clinici, in cui egli si era trovato a contatto con bambini, e soprattutto con le loro principali fobie (quelle classicamente legate agli animali, le cosiddette “zoofobie”), Freud riscontro’ che nei bimbi da lui analizzati in ogni caso l’animale temuto erano in realtà impauriti dalla figura del padre. A tal proposito egli cita il caso del piccolo Hans, il quale “si trovava percio’ in quel tipico atteggiamento del bambino maschio verso i genitori che noi definiamo con il nome di complesso edipico, e nel quale identifichiamo in generale il complesso nucleare delle nevrosi. L’elemento nuovo che veniamo a conoscere dall’analisi del piccolo Hans è il fatto, estremamente importante per il totemismo, che in tali circostanze il bambino sposta parte dei suoi sentimenti dal padre su un animale. L’odio derivante dalla rivalità per la madre non puo’ espandersi liberamente nella vita psichica del bambino, deve lottare contro la tenerezza e l’ammirazione da sempre esistenti per la stessa persona ch’è ora oggetto d’odio; il bambino si trova in un atteggiamento emotivo ambiguo - ambivalente - nei confronti del padre e in questo conflitto di ambivalenza si procura un sollievo spostando i suoi sentimenti di ostilità e di paura su un surrogato della figura paterna”. 

Ecco dunque il nocciolo della questione manifestarsi: da una parte l’identificazione del piccolo con l’animale totemico verso cui ha grande interesse, dall’altro l’atteggiamento ambivalente verso il medesimo: la figura del padre viene dunque facilmente ricondotta, nell’inconscio del bambino, all’animale totemico stesso: venerazione ed identificazione da un lato, fobia e ostilità dall’altro. Citando Freud: “La prima conseguenza della nostra sostituzione è quanto mai singolare. Se l’animale totemico è il padre, i due comandamenti fondamentali del totemismo, le due prescrizioni tabu’ che ne costituiscono il nucleo - non uccidere il totem e non aver rapporti sessuali con una donna appartenente allo stesso totem - coincidono quanto a contenuto con i due delitti di Edipo, che uccise il padre e prese in moglie la madre, e con i due desideri primordiali del bambino, la cui insufficiente rimozione o il cui ridestarsi formano forse il nucleo di tutte le psiconevrosi”. 

Per quello che attiene l’identificazione degli appartenenti al clan con il totem stesso e con il suo animale-rappresentante, Freud studio’ approfonditamente l’opera di un altro antropologo del tempo: William Robertson Smith, il quale fu l’autore di un seminale lavoro: “Lectures on the Religion of the Semites”. In quest'opera l’autore avanzo’ la teoria secondo la quale il pasto totemico costitui’ dall’inizio una parte integrante del sistema totemistico. Fare sacro e quindi “sacrificare” l’animale sull’altare significava essenzialmente rendere l’animale un rito di comunione tra la divinità a cui il sacrificio era rivolto e la comunità sacrificante. Tale sacrificio attuato mediante festa solenne e pubblica, era di fatto dunque una festa collettiva di rafforzamento della solidità del rapporto tra la comunità stessa ed il dio a cui era riservato il godimento del frutto alimentare dell’animale sacrificato: mettere a disposizione del dio quello che normalmente veniva mangiato dal clan stesso era una forma di rafforzamento della appartenenza alla stessa “famiglia” e dell’assunzione di obblighi reciproci; esso serviva a cementare il rapporto fra i membri dello stesso clan, commensali, ed il loro dio, commensale anche egli. Il sacrificio era però un atto riservato alla comunità e non al singolo. Tutto il clan si assumeva la responsabilità dell’uccisione dell’animale totemico e dell’offerta al proprio dio. Con tale rito il clan si assicurava la protezione della propria divinità, il suo legame con la società sacrificante e l’identità materiale fra il gruppo e il dio: “uccidendolo e cibandosene i membri del clan rinverdivano e rendevano certa la propria somiglianza con la divinità” (cit. Robertson Smith). A tale rituale l’animale veniva compianto; allo sgravio di responsabilità per l’uccisione dell’animale sacro-totemico in quanto colpito dalla comunità tutta compatta e non da un singolo individuo, seguiva una santificazione del clan derivante dall’accoglimento in sé stessi della vita sacra di cui l’animale era portatore. 

A questo punto, a mio avviso, Freud riesce a cogliere il nesso finale tra il pasto totemico e la nascita della società, unendo questioni prettamente antropologiche con il ragionamento psicanalitico ed incontrando la finora soltanto sfiorata delucidazione al lettore sull’orrore dell’incesto e sulla correlazione tra totemismo ed esogamia; la citazione è presa dal par. 5 del IV saggio: ”Nella concezione darwiniana dell’orda primordiale non c’è ovviamente spazio per gli esordi del totemismo. In essa non troviamo altro che un padre prepotente, geloso, che tiene per sé tutte le femmine e scaccia i figli via via che crescono. Questa condizione primordiale della società non è mai stata fatta oggetto di osservazione. La forma piu’ primitiva di organizzazione che possiamo rintracciare, ancor oggi in vigore presso alcune tribu’, consiste in “bande” di maschi dotati di uguali diritti e sottomessi alle restrizioni del sistema totemistico, tra cui l’ereditarietà materna. E’ possibile che questa forma di organizzazione sia derivata dall’altra? E in questo caso per quali vie? 

Il richiamo alla celebrazione del pasto totemico ci permette di dare una risposta. Un certo giorno i fratelli scacciati si riunirono, abbatterono il padre e lo divorarono, ponendo cosi’ fine all’orda paterna. Uniti, essi osarono compiere ciò che sarebbe stato impossibile all’individuo singolo (forse un progresso nella civiltà, l’uso di un’arma nuova, aveva conferito loro un senso di maggior forza). Che essi abbiano anche divorato il padre ucciso, è cosa ovvia trattandosi di selvaggi cannibali. Il progenitore violento era stato senza dubbio il modello invidiato e temuto da ciascun membro della schiera dei fratelli. A questo punto, nell’atto di divorarlo, essi realizzarono l’identificazione con il padre, ognuno si approprio’ di una parte della sua forza. Il pasto totemico, forse la prima festa dell’umanità, sarebbe la ripetizione e la commemorazione di questa memoranda azione criminosa, che segnò l’inizio di tante cose: le organizzazioni sociali, le restrizioni morali e la religione”. 

Il discorso freudiano prosegue poi cosi’: “Per trovare credibili - a prescindere dalla premessa - queste conseguenze, basta ipotizzare che la schiera bellicosa dei fratelli riuniti fosse dominata dagli stessi sentimenti contraddittori verso il padre che possiamo rintracciare come contenuto dell’ambivalenza del complesso paterno in ognuno dei nostri bambini e dei nostri nevrotici. Essi odiavano il padre, possente ostacolo al loro bisogno di potenza ed alle loro pretese sessuali, ma lo amavano e lo ammiravano anche. Dopo averlo soppresso, aver soddisfatto il loro odio e aver imposto il loro desiderio di identificazione con lui, dovettero farsi sentire i moti di affetto nei suoi confronti fino a quel momento rimasti sopraffatti. Ciò accadde nella forma del rimorso, sorse un senso di colpa che coincide in questo esempio con il rimorso collettivo…”. Da cio’ la nascita della interdizione di toccare il totem, ricordo simbolico dell’uccisione paterna, segno permanente del ricordo dell’atto criminoso, potente vieppiu’ come mai, capace, mediante il rimorso indotto a posteriori, di indurre l’interdizione delle donne dello stesso clan anche da morto, elevato pero’ al rango divino. Ecco quindi giustificarsi il tabu’ dell’omicidio (aberrazione per il crimine commesso), passato da ribrezzo del parricidio a legge sociale di punizione per l’omicidio tra membri dello stesso clan e dell’incesto (disponibilità delle donne del clan, le quali, come specificamente discusso precedentemente da Baldini nell’articolo “La sessualità femminile” dell’11 novembre 2006, non prenderanno parte al parricidio, dando cosi’ seguito ad una diversa disposizione psichica della donna come verrà discusso in altra sede): entrambi tabu’ coincidenti di fatto con i desideri rimossi del complesso edipico. L’unione dei fratelli nell’uccisione paterna sarà cementata prima nella venerazione e quindi al simbolo del padre reso eterno dal totem, successivamente dalla rinunzia alle donne che desideravano, salvando di fatto il clan stesso dalla distruzione causata dall’uccisione di altri maschi. Le feste commemorative, i pasti totemici, la ripetizione simbolica del parricidio, sarebbero dunque un tentativo di rimemorazione dell’evento primordiale a cui i progenitori avevano partecipato, quando le questioni della vita quotidiana avessero provocato una lassità dei ricordi. La festa avrebbe assunto di fatto il tentativo di riportare freschezza mnesica ad un evento tragico a fondamento di tutte le regole etiche sociali degli uomini: una società basata sulla corresponsabilità nel parricidio, sul senso di colpa indotto e sul bisogno dell’espiazione: di fatto un passaggio obbligato dalla società totemistica alla società religiosa: “Tutte le religioni successive si dimostrano altrettanti tentativi di soluzione del medesimo problema, tentativi che variano in relazione ai livelli di civiltà in cui vengono intrapresi e alle strade che imboccano; ma sono tutte reazioni rivolte allo stesso fine, reazioni al medesimo grande avvenimento con il quale ebbe inizio la civiltà e che da allora non dà pace all’umanità”. 

La religione nasce da un senso di colpa, da un senso di mancanza, avvisa Freud; da un senso di colpa strutturato e costruito sul parricidio e sulla successiva mancanza del padre, conducente ad una necessaria identificazione dei figli omicidi con un dio-padre che loro non potranno mai raggiungere, lontano. Ecco dunque che dal totemismo si costituiranno successivamente le religioni basate sull’adorazione di una divinità spesso maschile, paterna, nelle religioni monoteistiche in cui il totem viene identificato con il padre in maniera definitiva. 

Terminerei questa lunga digressione con una citazione dal par.7: ”gli inizi della religione, della moralità, della società e dell’arte convergono nel complesso edipico, in piena concordanza con cio’ che la psicanalisi ha stabilito, cioe’ che questo complesso costituisce il nucleo di tutte le nevrosi di cui finora siamo riusciti a penetrare la natura”. In questo rimane grande il pensiero freudiano anche al nostro tempo, nell’aver fatto dei meccanismi psicodinamici della psiche collettiva una forma adattiva della psiche individuale, non una sommatoria, ma una vera e propria rappresentazione ontogenetica: Freud stesso infatti era, come accennavo all’inizio, e come verrà ripreso dai nostri colleghi piu’ avanti, fortemente convinto che i concetti espressi fin qui, parricidio, desiderio incestuoso dei figli verso la madre, senso di colpa, fossero trasportati di generazione in generazione tra gli elementi del collettivo umano, al di là e al di sopra di qualunque singola contingenza della psiche individuale; dunque cio’ che vediamo oggi sia a livello sociale sia a livello di pazienti singoli non è altro che una eredità filogenetica dei nostri progenitori: a tal punto che anche solo il desiderio di un atto che eticamente possa venir accostato all’atto primigenio del parricidio, ovvero ad una deviazione comportamentale rispetto alla norma interiorizzata come Super-Io, diventa censurabile e passibile di induzione del senso di colpa prima menzionato. Nelle nevrosi infatti non è la realtà fattuale, si affannava a ripetere il Nostro, a tenere banco, ma la realtà quale si manifesta nelle rappresentazioni psichiche (sopravvalutazione del proprio atto psichico), da cui un meccanismo ritualistico di auto-colpevolizzazione morale e tentativo di espiazione attraverso il rito (financo religioso).